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mercoledì, 26 febbraio 2025

LA STORIA

Storicamente è certo che, nei tempi addietro, esistevano, nell’attuale territorio comunale, degli agglomerati abitativi, risalenti alcuni all'epoca dei romani. Ne sono testimonianza ritrovamenti di monete, sepolture e resti di mura d'età romana, nonché ruderi e notizie di fonte ecclesiastica riguardanti i borghi: Chiusano, Salandra e Vipera. La stessa origine del centro abitato di Gambatesa va collocata in epoca anteriore all'invasione longobarda. Tuttavia l'indagine storica ha preso avvio finora dal periodo in cui il paese assunse il nome di Gambatesa. La parte fondamentale della storia di Gambatesa ha inizio nel sec. XIII con Riccardo da Gambatesa o di Gambatesa, uomo di fiducia della corte angioina di Napoli e di quella papale di Roma. Dotato di grande abilità diplomatica e militare acquistò fama di saggio reggitore e di valoroso condottiero di esercito soprattutto nel governo e nella difesa di Genova contro gli assalti dei fuoriusciti ghibellini, capeggiati da Cane della Scala, Marco Visconti di Milano e da Castruccio Castrocani degli Antelminelli, signore di Lucca. Per questi ed altri suoi meriti ottenne da Roberto d'Angiò, re di Napoli, non pochi titoli e feudi. Riccardo di Gambatesa. non avendo eredi maschi ma solo due femmine (Sibilia e Margherita), ottenne che il suo primo nipote Riccardello, figlio appunto di Sibilia e di Giovanni Manforte, aggiungesse al cognome paterno Monforte anche quello di Gambatesa, dando cosi inizio alla nuova casata feudale dei Manforte-Gambatesa.

Dalla fine del sec. XIV a tutto il XVI la storia non registra fatti di una certa importanza. Con la conquista del regno di Napoli da parte degli Spagnoli, il feudo di Gambatesa passò, nel 1484, ad Andrea Di Capua, duca di Termoli. Con i Di Capua, che adottarono una linea politica di liberalità, iniziò per Gambatesa un lungo periodo di relativa tranquillità, di operosità e di benessere,durante il quale si ebbe un notevole sviluppo della pastorizia stanziale e di quella trasmigrante, cui si accompagnò un forte incremento demografico ed edilizio. La buona congiuntura socio-economica favorì l'emergere di alcune famiglie borghesi. Tra queste raggiunse la massima notorietà, tra la fine del'500 egli inizi del '600, la famiglia Eustachio, per la cospicua attività svolta nel campo della medicina e in quello ecclesiastico-pastorale. Venne a interrompere questo periodo di crescita la terribile peste del 1656-57, che ridusse la popolazione locale da 291 famiglie (1455 abitanti circa) del 1648 ad appena 70 famiglie (350 abitanti circa) censite nel 1669.

Durante il sec. XVIII il Comune di Gambatesa dovette subire non poche angherie ed usurpazioni da parte della nuova famiglia feudale dei Ceva-Grimaldi, per cui molti cittadini furono costretti ad emigrare altrove. Nel 1799 Gambatesa aderì alla Repubblica Partenopea e ne visse i tumultuosi avvenimenti. Fu assalita e saccheggiata dagli abitanti di Celenza, di S.Marco la Catola e di Casalvecchio, sostenitori della causa borbonica, i quali rivolsero il loro furore soprattutto contro i beni dei Rotondo, impegnati politicamente e militarmente nella difesa degli ideali repubblicani. Immediata e cruenta fu la risposta dei Rotondo: Celenza in particolare pagò duramente la sua azione di aggressione. Con la restaurazione della monarchia borbonica, Prosdocimo Rotondo, che nel governo repubblicano ricoprì l'alta carica di Presidente del Comitato delle Finanze, fu impiccato, a Napoli, nella piazza Mercato il 30 settembre del 1799, mentre i suoi fratelli subirono la confisca dei beni e l'esilio. Nel 1806, con la fine della feudalità, i cittadini vennero sollevati dai gravosi oneri feudali, ma, seppure potettero venire in possesso di un loro pezzo di terra, furono caricati da altri oneri non meno pesanti. Inoltre brigantaggio,carestie, colera, terremoti ed altre calamità naturali contribuirono per tutto il sec. XIX e parte del XX, a rendere dura e insicura la vita soprattutto del ceto meno abbiente. Durante i moti del 1848, i fratelli Giacomo e Domenico Venditti svolsero un'intensa attività politica per la realizzazione degli ideali liberali. Nel 1891 per l'imposizione di una nuova tassa (la focatica), la popolazione esasperata, dette vita ad una violenta e minacciosa sommossa contro le autorità locali. Dopo la seconda guerra mondiale Gambatesa si è via via sviluppata ed ha avuto un notevole incremento edilizio; oggi è un accogliente centro di duemila abitanti prevalentemente agricolo, ma con potenziali proiezioni verso l'artigianato e l'industria.

 
LUOGHI DA VISITARE
 

CHIESA DI S. NICOLA - SEC XIV-XV

Edificata sotto il titolo di S. Sebastiano 'fuori la Terra di Gambatesa, è stata officiata, dal 1586 al 1653, dai Minori Conventuali di S. Francesco, detti della Scarpa, che abitavano l'annesso convento. Danneggiata dal terremoto del 1688 venne ristrutturata nel 1696 e riconsacrata con il titolo di S. Nicola nel 1701. I recenti restauri del 1987 hanno riportato la chiesetta al suo originale splendore di piccolo gioiello di arte sacra rornanico-rinascimentale dalla linea architettonica semplice e linda. All'interno pregevoli tele di scuola napoletana del '600, '700 e d'epoca anteriore. Tra queste la tela dell'Immacolata, impreziosita da una cornice finemente intagliata e dorata. Particolarmente suggestiva la piccola abside per la sua nuda struttura romanica: è la parte più antica e originale della chiesa. Nella muratura esterna sono visibili elementi funzionari e decorativi di materiale di riporto appartenenti ad antichi edifici diruti.

 

 

 

 

 

 

IL CASTELLO

Il Castello di Gambatesa conserva al suo interno un ciclo di affreschi completo e ben conservato, eseguito da Donato Decumbertino, allievo del Vasari, nell'anno 1550. Nelle sale del primo piano, le rappresentazioni di avvenimenti storici e racconti mitologici si intrecciano con una acuta simbologia, allegorie e metafore che si rincorrono e si ricollegano in contiguità nei diversi ambienti del maniero. Tali pitture sono da annoverare tra le più importanti e complete del Regno di Napoli nel cinquecento. Il piano terra, adibito generalmente a concerti e convegni, ospita una mostra fotografica permanente sulla antica tradizione delle “Maitunate”, realizzata in collaborazione con l'omonima associazione locale. Al secondo piano è allestito un Museo con opere di Romeo Musa, Antonio Pettinicchi, e della collezione Eliseo.

 

 

 

 

 

 

CAPPELLA-SANTUARIO DI MARIA SANTISSIMA DELLA VITTORIA - SEC XI-XIV

Chiesa campestre, ad una navata, situata nelle vicinanze del tratturo Castel di Sangro-Lucera. Un'antica tradizione popolare ne attribuisce la costruzione alla volontà dell'imperatore Federico Barbarossa. In origine forse Abbazia con annesso monastero. Probabilmente rovinata dal terremoto del 1279 o da altri eventi, fu fatta ricostruire dalle fondamenta dal conte Riccardo di Gambatesa verso il 1313. Fu tenuta e officiata fino al 1653 dai Canonici Regolari Lateranensi del Monastero di S. Agnello di Napoli, i cui Abati sono stati titolari commendatari dell'omonimo feudo di S. Maria della Vittoria fino al 1781. Il loro stemma, l'Agnello crucifero, è raffigurato con forte realismo nella lunetta del portale. L'importanza del Santuario, e non solo come centro di fede e di culto, è testimoniata dalle indulgenze locali concesse dai papi Clemente V nel 1313 e Giovanni XVII nel 1317, ambedue su richiesta di Riccardo di Gambatesa, e da Innocenzo XII nel 1694. Pur avendo subito, lungo i secoli, vari rifacimenti, la chiesetta conserva ancora la linearità della primitiva struttura architettonica d'impronta rurale che mostra elementi di transizione dal romanico al gotico, leggibili nella facciata liscia e compatta e nel portale in pietra nuda con arco a sesto acuto. All'interno di pregevole il soffitto a capriata e la statua lignea della Madonna della Vittoria del 1714. Del monastero restano. solo dei ruderi.

 

LA CROCE DI S. NICOLA - SEC. XIV

Di particolare importanza storico-artistica la Croce greco-romanica posta davanti alla chiesa di S. Nicola. Collocata su una tozza colonna ottagonale con massiccia base quadrata, la Croce, ricavata da un unico blocco di pietra viva, è inscritta in una ruota dalle flessuose linee curve. Su una faccia della croce è il Cristo Crocifisso tra la Madonna, S. Giovanni ed un teschio; sull'altra faccia il Cristo trionfante che benedice, circondato dai simboli dei quattro evangelisti. Pur se modesta l'esecuzione scultoria delle figure, non manca un certo plasticismo specie nella raffigurazione degli animali e un certo senso tragico risalta dall'atteggiamento della Vergine. Significativi alcuni elementi della simbologia propria dell'iconografia cristiana medievale;

La ruota: immagine dinamica e pienezza totalizzatrice dell'ordine creato, che ruota attorno all'Eterno;

Il tetramorfo: figura dell'annuncio del Cristo al mondo attraverso i quattro Vangeli; il teschio: figura di Adamo.

La Croce per la sua struttura e lavorazione si richiama alle tipiche croci di pietra celtiche con le loro ruote attorno al Crocifisso.