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venerdì, 21 gennaio 2022

LA STORIA

Aidone (Aidungh o Dadungh nel dialetto gallo-italico locale; Aiduni o Aidò in siciliano) è un comune italiano di 4 813 abitanti della provincia di Enna in Sicilia.
Si trova in uno dei comprensori culturali e naturalistici più interessanti della Sicilia centrale: nel suo territorio si trovano l'importante sito siculo-greco-ellenistico di Morgantina, il Castello di Pietratagliata di epoca arabo-normanna, e, a pochi chilometri, la Villa Romana di Piazza Armerina, sito dell'UNESCO. Il comune presenta un territorio ricchissimo di boschi naturali e artificiali che occupano la parte nord occidentale, e di notevoli siti di rilevanza naturalistica:con Piazza Armerina ed Enna condivide il Parco della Ronza; al confine con la provincia di Catania si trova l'invaso artificiale del lago di Ogliastro, un'area umida di interesse naturalistico. Vi si parla un dialetto di tipo settentrionale che fa parte del gruppo dei dialetti gallo-italici di Sicilia. Secondo alcuni studiosi, Aidone fu fondata alla fine dell'XI secolo dai Normanni, durante la conquista della Sicilia e la cacciata degli arabi; ma è molto più probabile che i Normanni si siano limitati a rifondare e ripopolare un borgo già esistente strappato ai Saraceni. I fratelli Altavilla, che guidarono la conquista, condussero a ripopolarlo i lombardi, che avevano contribuito all'impresa e che in buona parte provenivano dal Monferrato.[6]. A questa sorta di colonizzazione si fa risalire l'origine del dialetto aidonese.
All'epoca normanna risalirebbe la fondazione del castello che dominava la città, della chiesa madre (dedicata in seguito a San Lorenzo martire), della chiesa di San Leone dedicata al papa Leone II e, fuori dalle mura, della chiesa di Sant'Antonino Abate.
Aidone passò successivamente in possesso di Adelasia, nipote del Gran Conte Ruggero, che la tenne fino alla sua morte nel 1160. Adelasia diede impulso al suo sviluppo con la costruzione di diversi mulini sul fiume Gornalunga e la fondazione, nel 1134, del monastero benedettino di Santa Maria Lo Plano, con chiesa dotata di una torre campanaria.
Adelasia sposò nel 1118 il conte Rinaldo d'Avenel ed ebbe un figlio di nome Adam che gli premorì; nel 1142 in un documento della corte normanna sono entrambi citati e successivamente in un altro del 1154 compare solamente lei devota al re Guglielmo I il Malo. La citazione più antica di Aidone risale al 1150 e si trova nel "Libro di re Ruggero" del geografo arabo Idrisi.
All'epoca di Federico II, Aidone faceva parte, molto probabilmente, dei possessi diretti del re. Nel 1240 era rappresentata al parlamento di Foggia. L'imperatore concesse ad alcuni soldati, provenienti da Piacenza e guidati da Umberto Mostacciolo (anche detto Ubertino Mostacciolo di Piacenza), di stabilirsi ad Aidone; questa testimonianza conferma l'arrivo, ancora nel XIII secolo, di coloni provenienti dall'area padana.
Nel 1229 ai Cavalieri templari fu permesso di edificare la chiesa di San Giovanni e per il suo mantenimento furono concesse le rendite di alcune tenute. Dopo la morte di Federico II, nel 1255, Aidone si dichiarò libero comune e riuscì a resistere all'assalto di Pietro Ruffo e del conte di Catanzaro, che agivano in nome del re Manfredi; nel 1257, tuttavia, fu presa e saccheggiata dall'esercito svevo, guidato da Federico Lancia. Aidone partecipò alla rivolta dei Vespri siciliani, cacciando la guarnigione francese. Fu nominato capitano Simone Fimetta di Calatafimi e vennero inviati al campo di Pietro III di Aragona arcieri e vettovaglie. In seguito il capitano Fimetta passò dalla parte degli Angioini e dovette fuggire dal castello. Il re Pietro III di Aragona allora concesse Aidone in feudo a Manfredi III Chiaramonte per premiarne la fedeltà.
Nel quadro delle lotte tra angioini e aragonesi emerse la figura di fra' Perrone, il frate dell'Ordine domenicano che combatté gli aragonesi tra il 1284 e il 1287; quando fu catturato dall'ammiraglio Ruggiero di Lauria si uccise in carcere. Nel 1296, durante il regno di Federico III di Sicilia, il feudo di Aidone venne ceduto da Manfredi Chiaramonte a Enrico Rosso che prese il titolo di conte di Aidone. Nel 1299 il capitano Giovenco degli Uberti aprì le porte del castello agli Angioini, ma questo venne riconquistato nel 1301 da Federico, che si era sistemato con il suo esercito nel vicino castello di Pietratagliata. Nel 1320 il feudo passò a Rubeo II Rosso, e quindi al figlio Enrico III Rosso, cancelliere del regno aragonese.
Il conte Enrico Rosso Senior fu uno dei più potenti feudatari del regno di Sicilia e divenne l'ago della bilancia fra le fazioni latine capeggiate dai Chiaramonte e quella catalana degli Alagona. Nel 1353 sposò Luchina figlia di Manfredi Chiaramonte e quindi entrò in conflitto con Artale Alagona che di fatto era il tutore del giovane re Ludovico. Questo pugnace Conte Enrico aveva un certo ascendente per la sorella maggiore del Re, la cosiddetta madre badessa Eufemia. Dopo l'aspra lotta sostenuta dalla rocca di Motta Sant'Anastasia contro Artale Alagona il gran Giustiziere, Enrico Rosso Conte di Aidone, capo dell'esercito reale, stipulò la pace a Catania e con i suoi bellicosi soldati aidonesi divenne il braccio armato della Corona, dopo la prematura morte di re Ludovico e la successione del fratello Federico IV il semplice, un altro ragazzo inesperto. Ma il volubile Enrico Rosso fu anche il protagonista della conquista di Messina e della morte di Matteo Palizzi e poi in seguito provocò la morte di Antonia del Balzo moglie del re Federico IV. Per questo motivo venne dichiarato fellone dal Re e nel 1373 fu costretto a cedere il feudo di Aidone (compresi il castello di Pietratagliata, il feudo di Fessima e i casali Baccarato, Asmundo e Pietralixia) a Perrone Gioeni, in cambio del feudo di Castroleone (Castiglione di Sicilia).
Il castello di Aidone ospitò nel 1396 la regina Maria e il marito, Martino il Giovane e, nel maggio dell'anno 1411, la regina Bianca di Navarra, vedova del re Martino il Giovane, che vi soggiornò a lungo protetta dal Gioieni. Nel 1427 il conte Bartolomeo III Gioeni firmò l'atto "Privilegi e consuetudini per gli Aidonesi", concedendo il potere locale al "baiulo" Giovanni Caltagirone, coadiuvato da un "capitano di giustizia".
Nel 1531 Giantommaso Gioeni introdusse la venerazione per san Lorenzo martire facendone il santo patrono della città al posto di san Leone. Il feudatario ringraziava così il santo per la salvezza del figlio Lorenzo dalla pestilenza (è una delle ipotesi, per l'altra vedi la nota sulla chiesa di San Lorenzo).
Nel 1602 Tommaso Gioeni venne nominato dal re Filippo III di Spagna pari del regno e principe di Castroleone, ed entrò a far parte del parlamento siciliano. Il principe fondò ad Aidone la "Confraternita dei Bianchi", composta esclusivamente di nobili.
Nel 1667 venne fondata la confraternita del Santissimo Sacramento, legata alla chiesa di San Leone. I membri, al massimo 72, dovevano avere almeno vent'anni di età. Tra questi c'erano 13 "officiali" (governatore, consigliere maggiore, consigliere minore, cancelliere, tesoriere, due mastri di novizi, due visitatori d'infermi, due sacrestani e due nunzi). In seguito, per la prevalente presenza al suo interno di artigiani, la confraternita fu conosciuta come quella della Maestranza.
Nel 1693 il terremoto che colpì tutta la Sicilia orientale provocò in Aidone cinquanta morti, la distruzione del paese e il crollo di numerose chiese ed edifici, tra cui la chiesa Madre di San Lorenzo. Il 1693 in Aidone, come in gran parte della Sicilia, segna un discrimine nella sua storia architettonica. Alcune chiese furono restaurate o ricostruite, pertanto quasi tutti gli edifici di Aidone sono, tranne che in alcune parti, settecenteschi o con notevoli elementi risalenti a questa epoca (i cantonali di san Domenico, la facciata di santa Maria La Cava, i portali di San Leone, dell'Annunziata, etc), il loro stile è influenzato dal barocco imperante in Sicilia ma con tratti sobri e classicheggianti. Altre chiese e conventi sono stati demoliti, come il convento e la chiesa di santa Caterina, la chiesa e il convento di san Michele Arcangelo, la chiesa e il convento di san Tommaso apostolo, la chiesa di san Giacomo e molte altre chiese di cui ormai si è persa ogni traccia.
Con il matrimonio dell'ultima discendente dei Gioeni con Marcantonio V Colonna, il feudo passò ai Colonna, principi romani. A quest'epoca nel territorio di Aidone esistevano sei baronie: Spedalotto-Cugno, Mandrilli-Toscano, Fargione-Baccarato-Feudonuovo, Dragofosso, San Bartolomeo, comprendente Pietratagliata-Prato-Tuffo-Gresti, e Raddusa-Destra. Altre tre baronie si erano costituite con i terreni comunali dell'"università" (Giresi-Pali-Malaricolta, Belmontino e Menzagno).
Nel XIX secolo le famiglie Boscarini, Scovazzo, Cordova, D'Arena, Profeta, Minolfi, Ranfaldi e Calcagno, produssero due generazioni di borghesi liberali e colti (tra i quali Filippo Cordova e Gaetano Scovazzo) che impressero un notevole impulso culturale alla cittadina.
Nel 1795 il Comune acquistò la chiesa di San Tommaso Apostolo, con l'annesso "Ospedale", per realizzare un teatro municipale; nel contempo iniziarono i lavori per la costruzione del Palazzo municipale, destinato a sede amministrativa e politica del "detentore" (sindaco).
Dal 1805, a seguito della scoperta del primo giacimento di zolfo, iniziò per Aidone un periodo di prosperità alimentata dall'industria estrattiva. La popolazione ebbe un notevole incremento, con l'immigrazione di minatori provenienti dai paesi viciniori, che si prolungò anche nel secolo successivo fino al secondo dopoguerra (la fase di chiusura della miniera Baccarato cominciò nel 1960).
Dopo l'abolizione della feudalità (1812), Aidone entrò a far parte della provincia di Caltanissetta (1820).
 
LUOGHI DA VISITARE
 
Museo Archeologico: il museo è stato inaugurato nel 1984, è ospitato presso l’ ex Convento dei Cappuccini (XVII sec.)  realizzato tra il 1611 ed il 1613 sotto la reggenza di Padre Gregorio da Castrogiovanni. L’impianto architettonico originario, comprendente anche la chiesa, dedicata a San Francesco, è stato oggetto di intervento nel 1984, quando fu adibito a sede museale. Si accede al museo dalla chiesa la cui navata è in parte utilizzata come sala per le conferenze. 
Il museo ospita reperti provenienti da Morgantina e dal colle di Cittadella (sito su cui fu originariamente fondata Morgantina intorno al 1000 a.C.) ove si trovano anche i resti di un villaggio preistorico dell’Età del bronzo (1800 a.C.). La raccolta dei materiali esposti proviene dagli scavi condotti, a partire dagli anni ’50, dalla Missione Americana delle Università di Princeton e Virginia e dalle Soprintendenze di Siracusa, Agrigento ed Enna
Una visita al museo quindi, è giustificata da un duplice scopo.
L’ordinamento, nelle sale espositive, è cronologico e tematico. L’esposizione dei reperti è corredata da carte topografiche e pannelli esplicativi.
 
Sale 1, 2 – Introduttive con pannelli documentari e vista sul chiostro.
Sala 3 – Insediamento preistorico e protostorico: C.da S.Francesco e la Cittadella
Sala 4 – Morgantina in età greca arcaica: la Cittadella 
Sala 5 – La città ellenistico-romana: l’abitato di Serra Orlando, i santuari, le necropoli 
Sale 6, 7, 8, 9 – Sezione numismatica (in allestimento) 
Sala 10 – Storia degli scavi (in allestimento) 
Sala 11 – Plastico di Morgantina; quadri del XVIII e XIX sec. 
Sala 12 – Sala dei pithoi e delle vasche fittili 
Sale 13, 14 – (piano rialzato) La vita quotidiana a Morgantina: le attività produttive, l’ambito domestico, i culti, gli spettacoli.
 
Il Castellaccio (in dialetto Cast’ ddazz’): costruito nel punto più alto del paese, in posizione strategica, con una visuale panoramica a 360°, permetteva di controllare le principali vie di comunicazione della Sicilia Centrale. La costruzione risalirebbe all’ XI secolo e venne ulteriormente fortificata dal Conte Enrico Rosso senior nel 1351 per contrastare sulla piana di Catania il nemico Artale Alagona.
Il castello era un baluardo sicuro per i baroni signori di Aidone, tanto che era inespugnabile e vi si poteva accedere solamente dall’antica strada posta a mezzogiorno. Quando questo maniero venne attaccato dalle truppe di Roberto d’ Angiò con il tradimento del capitano Giovenco degli Uberti fu possibile espugnarlo e perfino il Re Federico III dovette usare delle macchine di guerra per porre l’assedio alle truppe angioine. Cadde in rovina in seguito al terremoto del 1693 e successivamente venne abbandonato. Faceva probabilmente parte di una rete di fuochi di avvistamento con i castelli di Enna, Agira, Pietratagliata e altri.
 
Castello di Gresti: il suo vero nome tramandato nei secoli è Pietratagliata che ben si addice alla sua struttura replicas de relojes españa ampiamente intagliata nella viva roccia, tale particolarità lo rende simile al castello di Sperlinga. La tradizione popolare lo ha invece denominato Castello di Gresti (in dialetto Castedd’ i Grest’) perché si trova vicino al cozzo di Gresti, collina dove sono stati ritrovati numerosissimi cocci di ceramica che ci danno testimonianza di un insediamento del periodo greco-romano. L’origine del castello non è ben definita, l’insediamento nel sito sembra risalire all’era paleolitica. La preesistenza dell’insediamento e di qualche parte della struttura in epoca greca e romana, si sostiene su labilissime tracce (2 monete, cocciame e vasellame). La località è poco distante dall’antica città di Morgantina, per cui si pensa, che già a decorrere dal periodo greco o romano, una postazione sulla rocca avrebbe potuto costituire un ottimo luogo di avvistamento e controllo, non solo dell’ antica strada che collegava Morgantina con Valguarnera ed Enna, ma anche di un vastissimo territorio in relazione alla caratteristica e strategica posizione dominante della rocca. L’ edificazione dell’ attuale struttura del castello, risalente al periodo arabo normanno, contempla la torre ed il complesso di ambienti che hanno inglobato alcuni preesistenti vani scavati nella roccia. Le prime notizie storiche documentabili sul castello risalgono al XIV secolo.
 
Chiesa Santa Maria La Cava: dalle origini antichissime, fu fondata nel XII sec. da Adelasia, nipote del conte Ruggero d’Altavilla con il nome di S. Maria Lo Plano.
Dell’impianto medievale conserva solo l’abside e la torre conosciuta come Torre Adelasia. Quest’ ultima, oggi campanile dell’annessa chiesa di S. Maria La Cava, era in origine una delle torri a difesa delle mura che costeggiavano le pendici occidentali del paese. Dell’impianto originario conserva il piano inferiore dall’alto portale ogivale e, all’interno, la magnifica volta a crociera. Nei secoli ha subito molti rimaneggiamenti e sovrapposizioni ben testimoniati dai diversi stili: il gotico-catalano del secondo piano, di epoca cinquecentesca, è caratterizzato da monofore con arco a tutto sesto in conci di pietra bianca.
La definitiva sistemazione è di epoca settecentesca e si caratterizza per l’uso della pietra arenaria.