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LA STORIA

Gioia viene citata per la prima volta nel Catalogus Baronum del XII secolo, al tempo era infeudata insieme a Compostella al Conte di Caserta Roberto Di Lauro, il quale affida il territorio ad un suo Comites, tale Guntardo. Gioia è tassata per due militi, Compostella per uno e da ciò si desume che orientativamente Gioia avesse circa 120 abitanti, Compostella 60 e Guntardo amministrava dunque una popolazione complessiva di 180 persone a cui si dovevano aggiungere familiari dei militi. È presumibile che alla morte di Roberto nel 1183, il feudo sia passato al figlio Guglielmo che diviene II° Conte di Caserta. A questi succede nel 1199 il figlio Roberto III° Conte di Caserta, e nel 1216 gli succede il IV° Conte di Caserta. Tommaso Di Lauro viene arrestato nel 1223 e costretto all'esilio nel 1224 i suoi beni passarono nelle mani di Federico II° (che ne aveva ordinato l'arresto e l'esilio) ed è presumibile che in questo frangente il feudo di Gioia viene concesso a Tommaso De Rocca Conte di Molise.
Ma questi entra prepotentemente in contrasto con Federico II°, il quale a seguito della ribellione armata di questi e la successiva sconfitta, ne assimila i beni e li gestisce attraverso il Giustiziere di Terra di Lavoro e Molise. Nel 1231 con la riforma Federiciana inerente alla costruzione e la manutenzione dei castelli del Regno, Gioia essendo replica de relojes amministrata dal giustiziere di Terra di Lavoro e del Molise, non ha un feudatario, ma secondo la riforma la popolazione deve provvedere alla manutenzione del castello di Caiazzo insieme alle popolazioni delle Baronie di Ruviano, Campagnano, Guardia Sanframondo, Dragoni ed i casali del monastero di San Salvatore di Telese.
Nel 1268 dalla "cedola sui fuochi" per il calcolo delle aliquote da applicare ai balzelli, redatte in seguito al controllo voluto da Carlo I° d'Angiò, per Gioia risultano 28 fuochi (ovvero 28 capifamiglia, 200 abitanti circa) tassati per 7 once, dalla cedula sui fuochi: "Cedula de focularibus qua inveniuntur dimina per collationem factam de quaternius particolaribus generalis subventionis et quaternos de focolaribus, pro quibus dicte terre et loca tenentus ad rationem de augustali uno quo prolibet foculare, propriam et secundo mense.
Sub magistratu Bonifacii de Galiberto Iustitiere Terra Laboris et Comitatus Molisii. Anno XII indictionis. Minianum, profocul CCL, unc LXII et med, Theanum, profocul CXVII, un XXVIIII, ta. VII et med, Gallucium, profocul CLVII, unc XIIII, tar XV, Aylanum, profocul VI, unc I, tar XV, Pentema, profocul XXI, unc I, tar VII, et med, Sextum, profocul IIII, unc I, Mastrate, profocul IIII, unc I, Marzanello, profocul XXXI, unc VII, tar XXII et med, Prata, profocul XVIII, unc IIII, tar XV, Ioya, profocul XXVIII, unc VII" .
Nel 1280 nella Cancelleria Angioina in un documento redatto a San Germano sono elencate le terre tassate quell'anno per pagare le milizie, compare anche la terra di Gioia. Sempre dello stesso anno nella Cancelleria Angioina due documenti attestano che Gioia è in possesso di Giovanni de Molisio detto anche Giovanni di Gioia, e di suo figlio Francesco. Nel 1291 presumibilmente feudatario di Gioia è Goffredo di Gianvilla per concessione di Carlo II° d'Angiò (Carlo II di Napoli).
In origine Gioia era limitata al castello non avendo dunque l'attuale estensione: qualcuna della odierne frazioni era feudo autonomo, come quello di Carattano che dipendeva dall'Abbazia benedettina del Santissimo Salvatore a Telese e che fu donato da Ruggero D'Altavilla, Re di Sicilia e cognato del Conte di Alife Rainulfo Drengot, all'Abate Alessandro Telesino nel 1134 in occasione di una visita del Re all'Abbazia stessa. Nel 1504 Gioia diviene feudo dello spagnolo Consalvo Ernandes De Cordova (Gonzalo Fernández de Córdoba), Gran Capitano del Regno, Duca di Sessa e primo viceré del Regno di Napoli. Nel 1515 alla morte di Consalvo il feudo passa alla figlia di questi, Elvira (Elvira Fernández de Córdoba y Manrique). Nel 1524 alla morte di Elvira diviene feudatario Luis Fernández de Córdoba, IV conte di Cabra marito di Elvira (oltre ad esserne il cugino) e ambasciatore a Roma di Carlo V°. Nel 1526 Fernando muore, ed i beni sono concessi a Gonzalo II Fernández de Córdoba figlio della coppia nato nel 1520. Il feudo di Gioia viene così concesso al Barone Giovanni Nicola Gaetani,secondogenito di Onorato Gaetani d'Aragona. Giovanni fu privato del feudo nel 1530, colpevole l'aver appoggiato l'invasione francese guidata dal Conte di Lautrec fu nello stesso anno giustiziato in Piazza Mercato a Napoli.
Nel 1532, Gioia fu donata dall'imperatore e re di Napoli Carlo V d'Asburgo al nobile cavaliere spagnolo Ugo Villalumo, distintosi nella battaglia di Pavia (1525). Questi dopo pochi anni lo vendette a Gabriele Barone, presidente della Regia Camera della Sommaria (l'allora Corte dei Conti), che chiese ed ottenne assieme all'universitas un decreto vicereale per lo svolgimento di un mercato settimanale di mercoledì.
I gioiesi godevano di propri statuti civici e si riunivano in assemblea nella chiesa di San Felice. Nel 1595 Gioia è dichiarata “camera riservata” cioè comune esentato dall'acquartieramento delle truppe in transito. Nel 1613 il feudo di Gioia torna ai Gaetani, quando Luigi Barone successore di Gabriele lo permuta con Alfonso Gaetani dell’Aquila d’Aragona Duca di Laurenzana. Gioia acquisisce inoltre il suffisso Laurenzana, dovuto al matrimonio di Alfonso Gaetani con Giulia Ruggiero Duchessa di Laurenzana nel 1606. I Gaetani restano signori e Baroni del feudo fino all’eversione della feudalità nel 1806. Durante il XIX secolo il territorio comunale subì varie acquisizioni e arrivò alle dimensioni attuali.
Al 1810 risale la decisione della Commissione feudale che sciolse i diritti feudali e consentì a chiunque di aprire molini, diritto che precedentemente era riservato esclusivamente al feudatario, mentre il feudo di Carattano, in quanto grosso fondo incolto, con le leggi di ammortizzazione per metà fu attribuito al Comune di Gioia (allora Laurenzana), in compenso di usi civici e questo mediante l’ordinanza Martucci del 1811, per l’altra metà fu venduta al Principe di Piedimonte Onorato Gaetani d’Aragona.
Insieme alle rendite della commenda fu pure venduta la chiesa di S. Salvatore con l’annesso giardino e la chiesa crollata col terremoto del 26 luglio 1806. Così, nel grigiore fecondo della proprietà borghese e contadina si eclissava il feudo ecclesiastico di Carattano, esteso oltre 400 ha, mentre Gioia acquisisce il suffisso Sannitica nel 1862 e nel giro di qualche decennio termina l’influenza della casata Gaetani ultimi feudatari e Baroni di Gioia. Nel 1816 viene costruita la strada Piedimonte di Alife-Gioia sfruttando in parte vecchi tracciati campestri. Al 1857 risale l'edificazione della strada Piedimonte Matese-Telese Terme, costruita in parte sul tracciato del 1816. La strada ha favorito lo sviluppo della contrada Taverna (o "quartiere nuovo") nella quale nel 1879 è stata trasferita la sede municipale Nel 1928 infine si conclude la secolare causa relativa a Carattano, che infine viene inserito nel territorio di Gioia Sannitica. Nel 1945 passò dalla provincia di Benevento a quella di Caserta.
 
LUOGHI DA VISITARE
 
Particolare importanza nel comune ha il culto di San Michele Arcangelo che originariamente era venerato nella grotta a lui intitolata, presso la frazione Curti, a 450 metri di altitudine. Secondo la tradizione l'Arcangelo, ai tempi di papa Gelasio I (492-496) vi apparve ai fedeli. Questo antico luogo di culto conserva ancora tracce di affreschi ed è raggiungibile dopo una decina di minuti di cammino da Curti.
 
A Gioia Centro, e più precisamente nella chiesa Madre di San Felice (1525, rimaneggiata successivamente), è conservata la statua lignea che viene portata in processione nel mese di settembre.
Poco distante è la chiesa dei Santissimi Pietro e Paolo, dotata di una bella pala d'altare panerai replica raffigurante i due Santi con la Madonna e il Bambino. Quest'ultima ha perso il titolo di parrocchia nel 1758.
Molto piccola è la chiesa di San Rocco, nella quale è custodita una scultura venerata il 16 agosto.
 
In località Madonna del Bagno c'è l'omonimo santuario risalente al XVIII secolo, su un precedente edificio del XIII secolo. La leggenda narra che nelle sue vicinanze, da un pozzo ancora oggi esistente, sgorgava acqua miracolosa. Scavandovi alcuni uomini trovarono una effigie della Madonna e decisero di edificare il santuario.
 
A Calvisi è situata la chiesa parrocchiale di Santa Maria del Carmine, edificata sul finire del 1500 da Alfonso Troiano. Dal 1967 è stata dichiarata "santuario diocesano" perché in essa sono conservate le reliquie di San Liberato, definito medico e martire africano, ma "le reliquie furono prese indubbiamente a Roma, in qualche catacomba, e non è facile arrivare all'identificazione con quelle di San Liberato", quindi si può dedurre che è un corpo santo.
 
La chiesa di Auduni è dedicata a Sant'Antonio da Padova; conserva alcuni affreschi raffiguranti scene bibliche ed evangeliche, e una bella statua della Madonna Addolorata. Originariamente il luogo sacro era dedicato a San Vincenzo e solo sul finire del 1600 ha assunto l'attuale denominazione.
 
Carattano possiede la chiesa della Madonna della Libera, piccola architettura religiosa avente nella volta degli affreschi ottocenteschi.